Speciale Print Puntata 1

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I programmi complessi e i programmi integrati – i “Print” come si chiamano a Roma – sono uno dei fondamenti dell’urbanistica partecipata.
Ci si deve chiedere in primo luogo: partecipata con chi, come e perchè? Partecipata con le rappresentanze sociali dei cittadini residenti, in primo luogo, e a seguire con il sistema degli enti preposti allo sviluppo e al governo del territorio. Partecipata attraverso un articolato sistema di verifiche e sondaggi programmatici che prefigurano scenari possibili e sostenibili di trasformazione di quel particolare contesto urbano.
 Partecipata perché, quando si chiede ad un uomo comune di spiegare il termine “città”, la sua reazione è quasi sempre di imbarazzo, ed è errato interpretare tale reazione come indice d’ignoranza o di profonda saggezza, o di un concetto talmente assodato alla pubblica opinione da poter essere espresso in modo semplice e definitivo. Ciò in realtà rivela la sensazione che non c’è nulla da indagare in modo scientifico o separato (o da spiegare meglio rispetto a ciò che tutti attendono) e che il concetto di città è spiegato nei fatti stessi della vita organizzata in comunità operative.
E’ con grande piacere che intervengo in questo spazio, perchè l’esperienza della rigenerazione di quella parte di città già costruita, ma priva di qualità urbana e sociale e di servizi, che si presenta ogni volta diversa, non rimanga uno dei tanti fatti di settore per professionisti elitari e amministratori attenti, ma concorra a riportare le coscienze sociali e politiche che operano sul territorio verso il bene primario delle città : lo spazio pubblico. Con il gruppo di lavoro ADLM architetti, stiamo pertanto sperimentando i programmi “Print della Città da Ristrutturare del PRG di Roma” per il quartiere di Pietralata, che è in fase operativa, altri programmi nell’area metropolitana di Roma, quali il Print di Morena, Casal Morena, Ciampino, La Rustica, Casal Monastero, nonchè altri, ancora in fase di studio.

Già all’inizio dell’ultimo decennio dell’ottocento, l’architetto Camillo Sitte suggeriva l’idea di spazio urbano come “negativo” dell’architettura della città, come lo spazio contenuto tra gli edifici e le cose che compongono il contesto, tanto che esso potrebbe essere pensato e progettato proprio come se si trattasse di “un monumento urbano”. 
La qualità delle città è infatti data dalla qualità sociale e formale dei propri spazi pubblici, il rapporto, la misura e la capacità che gli stessi hanno di rigenerarsi, riqualificarsi nelle funzioni d’uso collettive, ogni volta rispetto a ritrovate esigenze sociali.
Ecco dunque che appare come questa parte di città dei “Print della città da ristrutturare”, come la chiama il Prg, sembra aver esaurito il suo compito funzionale (dal 1950 ad oggi) e dimostra socialmente e strutturalmente il bisogno di nuovi spazi e funzioni che ne rinnovino l’assetto urbanistico verso uno scenario differente di crescita sociale.
 E’ prezioso e raro il concorso privato che questi interventi dimostrano: solo Pietralata è in grado di generare risorse per oltre 50 milioni di euro, un patrimonio enorme se si pensa al magro bilancio che tutta la città di Roma destina al fabbisogno. Si deve lavorare insieme per favorirne altri: la sola città di Roma prevede circa 190 Print.

Con le dovute attenzioni, le istituzioni locali, i cittadini, gli imprenditori del settore (ancora poco e male informati) e non ultimi i progettisti (architetti, urbanisti e paesaggisti, sociologi), hanno il dovere di lavorare con intensità intellettuale e senza schieramenti idealistici su tutte le occasioni di rigenerazione della città.
La città, in ordine, è fatta di persone, di cose e di case: e queste ultime ne sono solo l’ultima conseguenza e decisamente la meno importante. Cambieranno e cambieranno ancora nelle forme e nelle mode le case, rimarranno invece i bisogni delle persone e la condizione delle cose. La città (nel senso di “società”) è viva se trasformabile, è utile se utilizzabile, ed è funzionale se diviene semplice nei suoi meccanismi di gestione. Vorrei però soffermarmi in particolare su un punto. Quanto più alto è il livello di interesse e complessità del tema, quanto più importante è in bisogno di professionalità specifiche: politici, tecnici e cittadinanza. La partecipazione quindi non può essere intesa solo come fatto operativo (tecnico) o politico (di gestione del territorio), non deve sostituirsi agli uffici comunali, ma dovrebbe assumere l’occasione della condivisione e la consapevolezza che essere portatori di fabbisogni sociali e politici è duro e complesso, quanto l’aggettivo “complessi” che accompagna questi piani urbanistici.