La Città artigiana

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1 | Il principio di co-laborazione nei processi di riqualificazione della città.

Le politiche di rigenerazione urbana sulla città sono oggi, prevalentemente, determinate da azioni di partenariato pubblico-privato. I programmi di riqualificazione hanno in genere nella loro strumentazione elementi di perequazione urbanistica e sociale che consentono di generare risorse sia economico finanziarie che spaziali, le più recenti norme nazionali e gli strumenti attuativi di varie comuni italiani prevedono la restituzione alla sfera pubblica/comune di parte del valore generato dalla trasformazione. Queste risorse rappresentano il vero centro della rigenerazione e, soprattutto, oltre a riqualificare gli ambiti interessati, se messe in rete all’interno di processi di riqualificazione, possono costituire la disponibilità concreta di attuazione di programmi di  sviluppo la cui natura pubblico-privata ha comunque una forte valenza di interesse pubblico su cui far confluire altre azioni coordinate e programmatiche di carattere pubblico come, ad esempio, la possibilità di accedere ai programmi europei, considerando le risorse generate dalla trasformazione/sviluppo  come la parte di co-finanziamento locale per accedere ai finanziamenti comunitari, anche in partnership con altre Amministrazioni.

La valenza pubblica di queste azioni di rigenerazione urbana presuppone una forte assunzione di responsabilità sia da parte delle Amministrazioni, sia della comunità cittadina. Da una parte le Amministrazioni, attraverso un’efficiente azione amministrativa e di programmazione, dovrebbero assumere il ruolo di garanti della qualità ed efficacia delle azioni anche nei confronti del mercato, del credito, di investitori.

Le Amministrazioni, inoltre, devono svolgere la propria azione di sussidiarietà offrendo il proprio sostegno, istituzionale e normativo, alle istanze positive e alle iniziative che nascono nel territorio, ma anche offrendo aree e progetti dove è  possibile co-laborare con un insieme di risorse comuni. La città costruita da riqualificare è  una realtà sociale composita e articolata, dove interagisce una pluralità di soggetti, a volte in conflitto, che bisogna considerare quando si parla di spazio pubblico. Lo spazio pubblico allora, nella sua prefigurazione e costruzione ha come primo interlocutore questa pluralità di soggetti che lo abita, lo attraversa, lo utilizza nella quotidianità.

In questa prospettiva lo spazio pubblico non può che essere esso stesso plurale, riconoscendo e rappresentando tale pluralità, aspirando ad essere spazio della democrazia e del confronto, capace di promuovere un immaginario positivo del vivere insieme e di un agire comune. In questi anni pratiche spontanee che si sono sviluppate all’interno degli spazi “indeterminati” o abbandonati della città, hanno dato prova di una capacità di proposta da parte di cittadini attivi, attraverso usi temporanei di ogni sorta, dando voce ai problemi della quotidianità attraverso soluzioni locali momentanee, create dalla comunità e per la comunità. Da parte delle amministrazioni un’azione positiva di riqualificazione urbana, che pone al suo centro la realizzazione di uno spazio pubblico plurale, si dovrebbe proporre di incanalare le passioni collettive e i conflitti sul territorio (ineliminabili dalla vita sociale e politica) in disegni istituzionali democratici, che non escludano e non siano semplicemente strumenti di creazione del consenso, come avviene spesso con le pratiche partecipative.

A livello operativo, insieme all’individuazione degli spazi e delle strutture pubbliche esistenti o realizzabili, è necessario procedere a una mappatura delle condizioni e dimensioni delle pluralità sociali, delle comunità presenti nel contesto in cui si opera, cogliendo sia il disagio che esprimono che le aspirazioni e la progettualità che questa autorganizzazioni propongono. Spesso questi luoghi sono vuoti, relitti urbani, enclaves sottratte alla città e ai cittadini, su cui si è proiettato un immaginario e un’aspettativa di soddisfazione di bisogni, desideri e volontà creative da tenere presenti per riaprire questi luoghi ai percorsi quotidiani e alle reti cittadine.

La crescita distorta di molte delle nostre città ha naturalmente incrementato il tasso di insoddisfazione e conflitto che spesso si esprime nei processi decisionali e partecipativi determinando condizioni di stallo e/o di vero antagonismo. Il cambio di paradigma nella politica in generale e nelle politiche urbane deve essere posto all’ordine del giorno e coinvolgere tutte le parti in gioco. Bisogna chiarire subito che la riqualificazione e rigenerazione urbana si attua cambiando la qualità della vita dei cittadini, la percezione della propria socialità, promuovendo l’innovazione sociale per la produzione di servizi innovativi e collaborativi per rispondere a nuovi bisogni che il territorio esprime. Questo comporta da una parte una nuova attenzione e disposizione all’ascolto e dall’altra la capacità di poter esprimere proposte innovative. Finora le politiche urbane di riqualificazione si sono attuate in un rapporto tra pubblico e privato, oggi devono svilupparsi nel nuovo paradigma pubblico-privato-comunità in cui ognuno ha il suo spazio, i propri diritti e i propri doveri e responsabilità. Nel processo di trasformazione della città va affermata la centralità della persona (il cittadino come fatto urbano), nella costruzione del nuovo spazio pubblico bisogna partire dalle differenze presenti al di là della loro celebrazione, essere in grado di riflettere sui propri interessi nella prospettiva della costruzione di una spazio governato da principi di uguaglianza, reciprocità e apertura, mettendosi tutti in gioco nella costruzione di sistemi pubblici/comuni di integrazione.

E’ necessario ripensare dunque lo spazio pubblico anche come occasione per generare una nuova responsabilità dei singoli verso ciò  che è  comune. Con una differenza, però rispetto a pratiche correnti e recenti di partecipazione che il più delle volte si configurano come un’articolazione del retake: le risorse generate dalla riqualificazione urbana non sono già pubbliche, lo diventano in un progetto di rigenerazione della città. Questo cambia la prospettiva della partecipazione che diventa la sfera pubblica intesa come luogo di riflessione sull’interesse collettivo. In questa considerazione plurale, conflittuale/agonistica dello spazio pubblico, si dovrà assumere ed accettare la possibilità/necessità del temporaneo, non solo nell’uso autogestito di spazi non utilizzati, ma come fondamento stesso delle strategie di rigenerazione e della concezione di spazio democratico. L’aspetto “agonistico” della trasformazione determina una interazione, una sorta di gioco cooperativo e collaborativo, alla ricerca di una comunanza/inclusione di interessi, di confronto e di spazi ed istituzioni democratiche in cui ospitarlo, di costruzione di una prospettiva comune. In questo ambito si deve sperimentare la possibilità di evolvere il coinvolgimento dei cittadini dalla partecipazione alla gestione di beni e servizi vicini alle proprie esigenze, attraverso un percorso di costruzione e riconoscimento di istituzioni e di comunità: in pratica passare dal binomio tra pubblico-privato, al trinomio pubblico-privato-comunità.

La città contemporanea non si muove all’interno di limiti certi e costringe a fare i conti con la frammentarietà, la disgregazione, la separazione funzionale, sistemica e morfologica. Questa nuova dimensione è irreversibile ed è compito dei piani e dei progetti avanzare idee entro le quali costruire necessarie interazioni e integrazioni tra diversi oggetti, modalità operative e velocità di trasformazione. Amministratori, promotori, cittadini e comunità attive, sono tenuti ad una maggiore comprensione reciproca per superare le difficoltà e gli imprevisti per raggiungere quegli obiettivi pubblici e privati necessari alla trasformazione. Le politiche di intervento, inoltre  non possono più essere basate sull’emergenza o su interventi a breve termine. L’intervento non può che essere  di politica  strutturale e rivolto  al medio e al lungo periodo, per dare continuità e certezza ai bisogni inespressi e fondato sul lavoro.

Le Città contemporanee hanno numerosi ambiti da riqualificare ove operare: industrie attive e dismesse, quartieri da completare, aree di campagna urbana, che hanno bisogno di senso di sviluppo e di futuro oltre che di infrastrutture primarie e spazi sociali da riconsegnare agli abitanti, questi luoghi necessitano di prospettiva di lavoro e delle sue condizioni di sviluppo e permanenza per essere pienamente rigenerati:

·         lavoro di continuità e tradizione;

·         lavoro di creatività (nelle forme della Sharing economy e dell’ artigianato urbano);

·         lavoro di comunità e non sussidio e sussistenza di comunità;

Individuare, ad esempio, un ambito a forte componente giovanile inoccupata, vuol dire indirizzare il ridisegno dei luoghi orientandolo alla creazione di start-up, o semplicemente valorizzare attività e mestieri creativi e artigianali legati alla evoluzione del lavoro o alla tecnologia. Un modello di piccoli laboratori che nei territori metropolitani, soprattutto se connessi con centri di ricerca  e d’impresa, avviano processi di innovazione con effetti a rete su tutto il contesto.

Lavorare sulle periferie, soprattutto nella prospettiva metropolitana, significa innescare dei processi di una mobilità  virtuosa, verso il “fuori” e non solo verso il centro della città. Azioni di  richiamo dall’esterno, capaci di sanare  gli elementi di marginalità  presenti.  Tutto ciò ha a che fare con una metodologia che prevede di costruire processi collaborativi – e questa è la seconda questione – quella del passaggio, da processi di antagonismo a processi di agonismo urbano per la rigenerazione della città. Questi processi progettuali di attività rispettano il principio di trasparenza e con-correnza dell’azione amministrativa, che trova campi di applicazione privilegiati nei piani-progetto operativi degli strumenti di pianificazione generale, nella formazione, sviluppo e selezione dei partner finanziari, nei procedimenti di valorizzazione e/o di dismissione del patrimonio pubblico, nella perequazione, nei processi spontanei di condivisione territoriale delle comunità locali. E’ questo un processo positivo, ancora incerto nella prassi (soprattutto nelle grandi aree metropolitane del nostro paese), che si sta consolidando con successo nei risultati ottenuti. Il processo mutua il procedimento di evidenza pubblica delle gare per gli appalti delle opere, verso la selezione delle proposte a spettro allargato, che provengono dal mercato del lavoro e dalle comunità che operano sui territori. Si amplia così  l’accesso agli operatori di mercato (mercato di sviluppo, mercato degli usi, mercato delle funzioni e dei fruitori). Con l’urbanistica concorsuale è possibile far crescere il principio di sussidiarietà da sempre auspicato nelle migliori forme di governo. Possiamo dire che vi è un urbanistica sussidiaria/artigiana che dall’urbanistica tradizionale trae dal confronto un atto d’opera, competitivo e positivo, secondo la terminologia delle politiche comunitarie, che premia le migliori offerte e proposte che provengono dalla società locale: principale operatrice del mercato per quel determinato sviluppo.

 

2 |Co-laborare per la rigenerazione

La collaborazione è necessaria per operare con persone che non ci somigliano, che non conosciamo, che magari non ci piacciono e che possono avere interessi in conflitto con i nostri. La collaborazione è un’abilità fondamentale per affrontare la più urgente delle sfide dell’oggi, ossia vivere con gente differente nel mondo globalizzato. La realizzazione e ancor più la trasformazione degli oggetti e degli spazi che compongono le città, presuppone, per essere efficace, un atto di collaborazione. Quando ci si appresta a lavorare per produrre cose ben fatte, l’uomo artigiano che è in noi, si applica per dimostrare la perizia tecnica che possiede e, con attività intellettuali e manuali e di condivisione, confronta le differenze possibili tra le soluzioni ad un programma dato. Ci accorgiamo che spesso siamo di fronte a conflitti. Le cose sono simili ma non si somigliano. E’ difficoltoso riuscire a farle stare insieme. Richard Sennett osserva come gli artigiani «ricorrono ad una particolare dote sociale nello svolgimento della loro attività: la collaborazione. La collaborazione rende più agevole portare a compimento le cose e la condivisione sopperisce ad eventuali carenze individuali.»

 

3 | Il Masterplan del Municipio V di Roma Capitale

Con Delibera di Giunta del 05/04/2016 il Municipio ROMA V ha adottato il Masterplan “Le Città dl Municipio Roma V. Pubblico, privato, comunità. Azioni di sussidiarietà nello spazio pubblico in trasformazione”. Il Masterplan è uno strumento necessario all’autonomia amministrativa del Municipio; in particolar modo lo è nella prospettiva di Roma Città Metropolitana e del Municipio V come Comune Metropolitano. Il Masterplan prefigura una processo metodologico, applicabile all’intero territorio municipale, per lo sviluppo del lavoro, in tutte le sue forme, e per l’innovazione sociale ed economica dello spazio pubblico in trasformazione di Roma V. Il complesso delle linee guida finalizza lo strumento di governo per evolvere la pianificazione verso obiettivi misurabili nel tempo e basati sul concetto costituzionale della sussidiarietà, mutuando il principio ed il criterio di ripartizione delle funzioni e delle competenze. Nei progetti identificati nel documento, sono indicate aree diverse del territorio ma omogenee rispetto al loro grado di trasformabilità e sviluppo. Ognuna con una propria identità e caratteristica potenziale, misura della trasformabilità possibile degli spazi e delle economie che in essi vivono. Le Città del Municipio Roma V accoglieranno progetti urbani per la tutela delle diverse anime delle comunità che le abitano e le frequentano quotidianamente per l’abitare e per il lavoro. La necessità di individuare i vantaggi competitivi del Municipio e far sì che diventino la premessa per azioni positive finalizzate ad uno sviluppo sostenibile, diffuso ed equo, ha portato il Municipio a dotarsi di uno strumento di indirizzo strategico per favorire una crescita sociale ed economica di lungo periodo, individuando i soggetti interessati (pubblico, privato e comunità attive sul territorio), le fonti di finanziamento e le azioni necessarie alla sua attuazione, consentendo inoltre di allocare le risorse generate in un quadro programmatico strutturato e coerente. Documento programmatico di politica urbana, il Masterplan è finalizzato ad orientare gli atti e le decisioni dell’Amministrazione Municipale nell’esercizio delle sue competenze in materia urbanistica e di governo territoriale ed è fondato sulla reinterpretazione del rapporto virtuoso del binomio pubblico – privato attualizzato nel nuovo paradigma pubblico – privato – comunità, per lo sviluppo economico e sociale fondato sul lavoro, nelle sue declinazioni attuali e future, e sulla conoscenza territoriale di comunità.

Il Masterplan, si integra con gli altri documenti d’indirizzo dell’amministrazione, affronta i diversi settori in cui si articola il territorio (il sistema insediativo, il sistema ambientale e culturale, il sistema della mobilità e dei trasporti ecc.) per definirne gli assi strategici volti alla valorizzazione del sistema economico e del patrimonio culturale del Municipio. Oltre a ciò il documento riveste un particolare valore metodologico, per l’assetto futuro del territorio, volto al raggiungimento di più elevati livelli di coesione e responsabilità sociale la vera rigenerazione urbana si avrà cambiando la qualità della vita dei cittadini, la percezione della propria socialità, promuovendo l’innovazione sociale per la produzione di servizi rinnovati e collaborativi, per rispondere agli inediti bisogni espressi dalle persone. Questo passaggio segna il transito dalla partecipazione alla sussidiarietà orizzontale, alla collaborazione tra cittadini e amministrazione per la rigenerazione dei beni comuni urbani.

Il territorio è rappresentato come un compendio interrelato di tematizzazioni, luoghi identitari della città plurale che concorrono alla trasformazione e alla rigenerazione urbana. Il Masterplan identifica ambiti territoriali su cui individuare gli atti e le procedure di programmazione e attuazione urbanistica, le condizioni economiche e finanziarie di sviluppo, definendo la trasformabilità dei luoghi e indirizzando un processo univoco di ridefinizione del sistema pubblico territoriale. L’insieme delle informazioni raccolte nel lavoro, misura il gradiente di trasformabilità nel breve, nel medio e nel lungo periodo, individuando sul territorio sette ambiti omogenei nei caratteri e nel potenziale di sviluppo e di trasformazione.

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